Associazione Culturale equiLIBRI
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Siamo convinti che tutti gli incontri organizzati lascino qualcosa ai partecipanti: nonostante i commenti e i riscontri non siano sempre unanimi, nella stragrande maggioranza dei casi il pubblico torna a casa con qualche cosa "in più". E' certamente questo il caso dell'incontro di venerdì 25 febbraio con il quale si è aperta ufficialmente l'attività della nostra associazione per l'anno 2011. Protagonista, Emilio Molinari già presidente del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale dell'acqua che, con competenza e passione, ha affrontato molte delle problematiche relative alla privatizzazione dell'acqua nel nostro paese. Problematiche trattate anche in modo più approfondito nel suo ultimo libro, Salvare l'acqua.
Gli spunti di riflessione sono davvero molti: Molinari ha
fatto il punto della situazione in Italia, spiegando come il nostro paese sia in
controtendenza, rispetto ad altri stati che stanno invece facendo marcia
indietro nella privatizzazione dell'acqua; ha chiarito molte delle strategie
messe in atto dalle grandi multinazionali e dalla politica; si è soffermato su
casi ed esperienze che egli stesso, per scrivere questo libro, ha raccolto per l'Italia - situazioni negative, ma anche molti esempi positivi, storie
di lotte messe in atto per salvare l'acqua come "bene comune". 1) "Non stiamo privatizzando la proprietà
dell'acqua che resta demanio pubblico e non abbiamo intenzione di privatizzare
le reti e gli impianti. Stiamo solo affidando la gestione del servizio". Ma
è proprio la natura della gestione, pubblica o privata, a preoccupare i
cittadini, perché è da essa che dipende il diritto all'accesso all'acqua
potabile e ai sevizi igienici (basti pensare alle spiagge ed alla loro
gestione). 3) "La privatizzazione è resa obbligatoria dall'adempimento di vincoli comunitari". Una bugia: l'Europa, infatti, non obbliga nessuno stato membro a privatizzare l'acqua, ma può essere fatta una scelta fra la messa a gara dell'intero pacchetto azionario, la messa a gara di solo una parte non inferiore al 40 % o il mantenimento di una gestione in house, tutta pubblica (un esempio è proprio Parigi che, dopo anni di privatizzazione del proprio servizio, è tornata alla gestione pubblica). 4) "Il decreto Ronchi non obbliga i comuni a privatizzare. Se i comuni vogliono, possono farsi una società e partecipare alle gare, vincendole". Ma allora, perché obbligarli alla gara?! Inoltre, l'illusione di una maggiore efficienza, efficacia ed economicità della gestione privata è stata smentita da situazioni concrete che sembrano tracciare un'altra via: quella che porta a maggiori costi per il cittadino, un servizio che rimane al di sotto delle aspettative e investimenti per il miglioramento delle reti quasi nulli. Senza dimenticare poi, l'intervento dell'uomo che ha profondamente inciso sull'equilibrio idrogeologico del territorio, in particolare della Pianura Padana e del Po, le conseguenze dell'inquinamento, degli sprechi, del consumo di territorio, delle moderne tecniche di coltivazione e di allevamento... Ci preme mettere in evidenza,
soprattutto, come
del referendum per l'Acqua Bene Comune non si parli affatto:
ci si indigna, è vero, per situazioni che meritano tutta la nostra deplorazione,
ma si
rimane pressoché indifferenti davanti alla volontà di trasformare l'acqua in una
merce. Guarda una video-intervista con Emilio Molinari
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